In tanti mi hanno chiesto quale sia la differenza tra una polifamiglia, come può essere quella che promuoviamo con la nostra associazione, e una coppia aperta. È un tema che mi sta molto a cuore, perché spesso queste due realtà vengono confuse, e questo rischia di alimentare pregiudizi e fraintendimenti.
La polifamiglia nasce dall’idea di costruire un nucleo familiare stabile, composto da più adulti consenzienti che condividono affetto, responsabilità, spazi abitativi e, in molti casi, anche la genitorialità. Non si tratta di un modello casuale o privo di impegno, ma di una famiglia vera e propria. Ciò che rende unico questo modello è la volontà di creare legami profondi e duraturi tra tutti i membri, in un contesto di fedeltà al nucleo. Una polifamiglia non è una fuga dalla tradizione, ma una sua espansione, dove l’amore e la cura si moltiplicano anziché essere limitati a due persone.
La coppia aperta, invece, è una relazione che si basa sulla libertà di avere incontri sessuali o relazionali con altre persone, senza compromettere il legame primario. È una scelta che spesso privilegia l’individualità dei partner, dando loro spazi di autonomia. Non è detto che in una coppia aperta ci sia l’intenzione di costruire una vita comune con altre persone; la dimensione familiare e la condivisione di progetti a lungo termine non sono necessariamente al centro.
Credo che non ci sia motivo di giudicare nessuno stile di vita, ma confondere queste due realtà significa non cogliere l’essenza né di una né dell’altra! Quando racconto della nostra associazione, capita che qualcuno pensi che sia una forma di “coppia aperta con un-una amante”. Nulla di più distante dalla verità. La polifamiglia si fonda su sentimenti profondi e valori come la responsabilità condivisa, la stabilità e il mutuo supporto. Non è un esperimento, non è una fase, non è un gioco erotico, ma un progetto di vita.
Penso a una persona che ho conosciuto, convinta di voler sperimentare il poliamore, iniziò una relazione con due persone affettuose, solo per scoprire che il suo interesse era più orientato alla libertà sessuale, credo che la parola amore in poliamore nobilitasse nella sua mente il suo desiderio di gioco dall’impegno limitato. Penso che il desiderio di gioco e libertà sessuale non necessiti nobilitazione, ogni forma che troviamo nella vita, nel rispetto degli altri, è valida. Quando ha capito cosa significa davvero costruire una famiglia – la cura costante, la coerenza nelle decisioni, l’equilibrio tra le esigenze di tutti – ha ammesso che non era ciò che cercava. Lui ha preso una strada e la coppia ha poi trovato la persona giusta. È stato un confronto onesto, che mi ha confermato quanto sia importante spiegare bene queste differenze, e che quando c’è dialogo, anche se non ci si capisce subito, si può trovare la strada senza astio
È fondamentale non confondere il desiderio di libertà con l’impegno, il sesso con l’amore, il gioco non il vero. Tutte scelte valide, ma hanno finalità e strutture diverse. Una polifamiglia è prima di tutto una famiglia, e come tale merita di essere riconosciuta.
– Alessandro
