Oggi vi parlo di una cosa davvero punk in otto lettere: Famiglia.
Un’idea chiara nella testa di tutti. Poi basta aggiungere un prefisso e improvvisamente diventa qualcosa di minaccioso, di sospetto. Sfamiglia. Non sei più “quella cosa lì” che tutti capiscono al volo, sei altro. Cosa? Non lo sa nessuno.
Da una parte chi difende un modello rigido, scolpito nel marmo come un codice antico, e dall’altra chi vuole spaccare tutto, reinventare ogni concetto, rifiutare ogni struttura. In mezzo, la vita vera. Quella fatta di persone che crescono insieme, si amano, si supportano, affrontano i conti, gli imprevisti, i dentisti dei bambini e i turni di notte, pranzano insieme, vivono insieme, invecchiano insieme. Famiglie che esistono. Famiglie che funzionano. Ma che per molti non esistono affatto.
Il discorso sulle relazioni e sulle strutture familiari ha preso una piega strana. C’era un tempo in cui si cercava di parlare con la società, di creare spazi di riconoscimento e comprensione. “Io sono diverso da te, ma sono come te. Condividiamo valori, vogliamo costruire, vogliamo vivere con dignità e rispetto.” Si cercava quel filo che lega le persone, la capacità di guardarsi negli occhi e riconoscersi. Ma poi, a un certo punto, qualcosa è cambiato.
I discorsi sono diventati estremi, polarizzati. O sei con noi o sei contro di noi. O accetti tutto in blocco o sei un reazionario. O demoliamo tutto o difendiamo tutto con le unghie. Non ci sono più sfumature, non c’è più dialogo. E quando, in questo caos, provi a dire qualcosa di semplice “Sì, siamo una famiglia”, “Sì, ci amiamo”, “Sì, siamo fedeli” ti guardano male. Ti ascolta di più un genitore, un prete, un pastore, piuttosto che certe realtà “aperte” dove tutto dev’essere fluido sempre, per sempre indefinito.
“Perché vi ostinate a scimmiottare la famiglia tradizionale?”
“Perché non siete abbastanza moderni?”
Forse perché non siamo un esperimento sociale, siamo persone.
Forse perché famiglia è prendersi cura, è esserci, è crescere e invecchiare insieme, è costruire senza vergognarsi ma anzi fieri di dire che si sta costruendo.
Ed è curioso. Se una cosa fa arrabbiare i conservatori perché sfida i loro dogmi, e fa arrabbiare i rivoluzionari perché non è abbastanza distruttiva, allora forse quella cosa è davvero punk.
Essere una polifamiglia, vivere con lealtà, con fedeltà, con impegno, oggi è l’atto radicale, protesta, reazione, resistenza e rivoluzione. Non perché vuole sconvolgere il mondo, ma perché esiste nonostante il rumore. Nonostante chi vorrebbe che ci adattassimo a schemi vecchi e chi vorrebbe che dissolvessimo ogni schema possibile. Forse la vera rivoluzione non è urlare, ma restare. Restare, e vivere.
🤘🎸🤟
